28 Aprile 2024 - 22:58
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Intervista a Umberto Guidoni

Protagonista della missione Raffaello, Umberto Guidoni, fu il primo europeo a salire a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Laureato in Astrofisica, l’ultimo suo volo risale al 2001 e oggi è un divulgatore scientifico. Quando l’ho chiamato, pochi giorni prima della partenza di Samantha Cristoforetti, dalla sua voce trasparivano chiaramente sicurezza e determinazione, e ho capito in un istante, perché quando lo spazio faceva ancor più paura di oggi, scelsero proprio lui.

Dottor Guidoni, due volte nello spazio, il primo europeo sulla Stazione Spaziale Internazionale, ha all’attivo quasi 28 giorni di permanenza, insomma è quello che tutti i bambini vogliono diventare. Anche lei da grande voleva fare l’astronauta?

Beh, in realtà sì, io appartengo alla generazione che ha visto nascere l’esplorazione spaziale, come milioni di altri ragazzi di quel periodo (anni ’60 ’70), sognavo di fare l’astronauta. Volevo viaggiare nello spazio, poi ho visto lo sbarco sulla Luna che ha rafforzato quest’idea. Naturalmente mi sono dovuto confrontare con la realtà e in quegli anni a viaggiare nello spazio erano soprattutto i Russi e gli Americani. Per un Europeo, un italiano, sembrava una strada difficile. Il mio fu un sogno messo in un cassetto, ripreso venti, trenta anni dopo, quando si crearono le condizioni perché un italiano potesse viaggiare.

A quanto pare ha avuto la sua soddisfazione. Ma perché andare? Cosa spinge le migliori menti ad andare lassù? È solo lo spirito di avventura o c’è anche altro?

Certamente la curiosità è uno degli elementi che spinge ad andare ad affrontare l’ignoto. Lo spazio in un certo senso è l’ultima frontiera rimasta. Da sempre l’uomo si avventura oltre i luoghi conosciuti, oltre le Colonne d’Ercole del momento, e oggi lo spazio rappresenta le Colonne d’Ercole. E non solo, c’è anche la ricerca scientifica, c’è lo sviluppo dell’energia, c’è anche una consapevolezza che si acquista quando si ha la possibilità di vedere la terra dallo spazio, ed è una cosa che infondo ha cambiato anche il nostro modo di porci. Negli ultimi decenni una maggiore attenzione verso l’ambiente, verso il nostro pianeta, è dovuta anche alle foto dallo spazio che ci mostravano come la Terra fosse isolata.

Ha avuto paura? Quanto coraggio ci vuole per far questo mestiere?

Ci vuole sicuramente determinazione, caparbietà, sacrificio, il coraggio naturalmente aiuta. Però l’addestramento è lungo e dura molti anni proprio perché ti prepara a tutte le situazioni d’emergenza, permettendoti di conoscere quando si parte quali pericoli affrontare e come affrontarli, e ciò evita la paura. Le simulazioni però non possono prevedere tutto. Nelle situazioni particolarmente pericolose, come purtroppo è successo anche durante le due tragedie che hanno in qualche modo colpito lo Shuttle, immagino che probabilmente si abbia paura. Io fortunatamente non mi sono mai trovato in situazioni gravi, tranne che per qualche piccolo incidente di percorso.

Come passavate il tempo? Lei leggeva qualcosa?

Il problema non è come passare il tempo, visto che non ce n’è molto, ma come avere un po’ di tempo da dedicare ai propri hobby. Perché il lavoro dura 12 ore, e considerando le otto ore di sonno, sono tre o quattro le ore libere. Poi ci sono da fare altre attività: come ad esempio la ginnastica. Del resto sullo Shuttle era disponibile la musica, sulla Stazione Spaziale Internazionale è presente una piccola biblioteca e una videoteca di film, e oggi il contatto con internet è praticamente costante. Si possono inviare immagini a Terra, e si possono anche ricevere.

Parliamo invece del futuro, crede che sia possibile che la Luna venga abitata? la Nasa parlava del 2020, Lei cosa ne pensa?

Sicuramente ricominciano ad esserci dei progetti riguardanti la Luna, la Cina ci sta puntando seriamente e vuole inviare i primi astronauti entro il 2020. La Nasa invece ha in qualche modo avuto un atteggiamento un po’ ambivalente, qualche anno fa si parlava della possibilità di tornare sulla Luna, oggi se ne parla meno, si parla più di andare su Marte, o sugli asteroidi nei prossimi venti anni. Quindi i tempi sono relativamente più lunghi. La Luna potrebbe rappresentare una base sicuramente, come può essere oggi la base che è in Antartide: e cioè per ricerche scientifiche o per sviluppi di tecnologie minerali. Ma a parte la Cina, oggi non c’è un progetto in corso di sviluppo. Una grande novità della Nasa però è che le prossime capsule, i prossimi veicoli spaziali verranno costruiti da privati.

Le manca lo spazio?

Un pochino sì. Un pochino mi manca naturalmente, perché è un’esperienza così unica, irripetibile, che ti rimane in vita nella mente e nel cuore. Chiaramente poi nella vita si devono fare altre scelte, perché fare l’astronauta significa mantenersi in addestramento continuo, significa sacrificare la famiglia. Io poi ho scelto di puntare sulla diffusione di quella che è la cultura scientifica in Italia. Anche se, senza dubbio l’idea di ripartire per un viaggio in orbita, è sempre nel mio cuore.

Di Luca Jucan Sicignano

Redazione

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