27 Aprile 2024 - 9:25
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Silvio

Risparmiateci le beatificazioni ‘post mortem’: Berlusconi ha portato la mafia nel Palazzo, e ha piegato le istituzioni della Repubblica ai propri interessi economici e giudiziari, colonizzandole come fossero Cosa sua (o Cosa Nostra). Ma con lui, nel bene e nel male, se ne è andato un pezzo di storia. E vale la pena ricordarla. 

L’ascesa di Silvio Berlusconi ha segnato la storia del paese. Nel giorno della sua scomparsa, e cioè quando, sull’onda dell’emozione, si tende a far risaltare certi aspetti e a celarne altri, vale la pena ripercorrerne le tappe principali. 

Prima di scendere in campo, negli anni 80 e 90, Berlusconi è un imprenditore estroso e geniale, un ‘self made man’ capace di coltivare relazioni con la politica, anche ad altissimo livello – è legato al Presidente del Consiglio Bettino Craxi ed il Parlamento confeziona leggi che avvantaggiano le sue televisioni – perfettamente inserito nel sistema di potere partitocratico pre 1992.

 Quando quel sistema – fondato su dinamiche clientelari e tangentizie – viene giù sotto i colpi della magistratura, il Cavaliere si ricicla, di fronte agli elettori/consumatori, come un prodotto nuovo – con le sue televisioni che fanno da grancassa alla propaganda berlusconiana – che non aveva nulla a che fare con il sistema di potere precedente.

 Berlusconi si è reinventato come leader politico e ha riempito il vuoto lasciato dalla DC (bruciando sul tempo Mariotto Segni). L’unico, strimpellava la propaganda, in grado di poter fare da argine ad Occhetto e ai suoi (‘la gioiosa macchina da guerra’ comunista). Berlusconi ha rifondato un regime politico, definendo e condizionandone per decenni la politica nazionale. 

Mai nessuno, come lui, ha polarizzato il dibattito pubblico, creando divisioni e alimentando conflitti politici pluriennali. Non riconoscere il portato storico della sua presidenza – è il padre fondatore del centro destra – e il suo genio imprenditoriale è sintomo di miopia e disonesta intellettuale. Ma quando un uomo – ed è il caso di Silvio Berlusconi – entra nella storia è legittimo tirare un bilancio e mettere in fila fatti positivi e negativi, risultati ed azioni compiute. Può apparire irrispettoso farlo proprio nel giorno della sua scomparsa, ma l’entità dei danni provocati da Berlusconi e dei cambiamenti che ha prodotto per il nostro sistema politico ne legittima la pubblicazione. Ed è giusto, quando fanno capolino – sull’onda dell’emozione collettiva – tesi revisioniste sulla vita e sui trascorsi di Silvio Berlusconi, ricordare chi era davvero. 

La puzza di mafia si attacca su tutti i politici quando raggiungono certi livelli di potere, e in assenza di sentenze in via definitiva è difficile stabilire quale sia e quale sia stato il loro livello di compromissione con le organizzazioni criminali (supposto che vi siano forme di compromissione). Berlusconi non è mai stato condannato per mafia, al netto di migliaia di indagini che lo hanno riguardato e di testimonianze rilasciate da svariati pentiti, in cui viene citato direttamente. Ma uno dei fondatori di Forza Italia, Antonio d’Alì – portato dal Cavaliere al Ministero dell’Interno, nelle vesti di sottosegretario – è stato condannato in via definitiva per concorso in associazione mafiosa. Il braccio destro di Berlusconi e cofondatore di FI, Marcello Dell’Utri – checché ne dicano i giornali da quando è stato assolto per la Trattativa Stato/Mafia – è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione, nel 2014, per i stessi capi d’accusa (la Cassazione, in quella sentenza, ha stabilito l’esistenza di un patto economico tra Berlusconi e Cosa Nostra). Berlusconi ha assunto nella tenuta di Arcore un noto mafioso, Vittorio Mangano (poi arrestato come pluriomicida) che ha lavorato lì per due anni. E questi sono fatti. 

Da Presidente del Consiglio il Cavaliere ha colonizzato le istituzioni, piazzando cortigiani e dipendenti di Fininvest, schierati a presidio dei gangli dell’apparato statale. Il Parlamento, sotto la sua presidenza, ha votato leggi ad personam e ad aziendam – come il Lodo Alfano, il ddl sul falso in bilancio, la Legge Gasparri – per depenalizzare i reati per cui era indagato e per salvaguardare gli interessi economici del suo impero mediatico ed immobiliare.

Non ha compiuto alcuna rivoluzione liberale – riduzione delle tasse, liberalizzazioni e privatizzazioni, sburocratizzazione – a discapito delle promesse (nel bene o nel male, su quel versante, ha fatto molto di più Renzi in una legislatura che Berlusconi in tre). Ha sempre dato la colpa, per i traguardi mancati e le promesse irrealizzate, a Fini, a Casini o all’alleato di turno. Il bello è che gli elettori più fidelizzati gli hanno sempre creduto. In linea generale i suoi governi hanno praticato politiche economiche analoghe a quelle promosse dagli esecutivi di CSX (in un contesto di ‘europeizzazione’, questo va precisato, della politica nazionale, e quindi di inevitabile omologazione).

Per non parlare del cumulo di menzogne, bugie e semplificazioni demagogiche, diffuse a reti unificate – grazie a Mediaset e alla Rai colonizzata, vedasi l’editto bulgaro, con cui ha fatto fuori Biagi, Luttazzi e Santoro dalla televisione pubblica – che hanno fatto di Berlusconi il fondatore, in Italia, del populismo più becero e sconclusionato (anche se negli ultimi tempi era stato capace di riciclare, sfruttando, ancora una volta, le sue doti da formidabile comunicatore, FI come quella componente della destra liberale e “presentabile”, di stampo popolare ed europeo, in grado di controbilanciare, all’interno della coalizione, sovranisti e postfascisti). 

Degli scandali sessuali ci importa meno (tranne quando tirano in ballo ragazze minorenni). Che la sua vera passione non fosse la politica né il Milan lo si sapeva, e difficilmente si può fargliene una colpa. Ma il caso “Ruby nipote di Mubarak” ha riportato a galla la mediocrità, la medietà, la vergogna e la ridicolaggine di cui è ammantata un intera classe politica (compresa l’attuale premier, Giorgia Meloni) di fronte al mondo, quando, per ordine di Berlusconi, il Parlamento ha votato una mozione che stabiliva che Ruby Rubacuori, una delle tante concubine del Cavaliere, era la nipote del presidente egiziano.  

E poi la dipendenza energetica dalla Russia, l’atlantismo acritico e bellicista, l’irrisolutezza di fronte alla crisi libica, Eluana Eglaro, la condanna in via definitiva per evasione fiscale, il sostegno al Green Pass (da sedicente liberale) le figuracce internazionali…quello di Silvio Berlusconi è un bilancio decisamente negativo. Chi lo nega o è intellettualmente disonesto – quindi in malafede – o è ignorante, e non conosce la storia del Cavaliere. Che non si approfitti, quindi, della sua morte per beatificarlo (come è stato fatto con Craxi) perché Berlusconi resta ciò che è sempre stato: uno dei mali che ha afflitto, per decenni, il sistema politico del nostro paese. 

Ciò non impedisce – o almeno, non dovrebbe farlo, se si ha un briciolo di umanità – di esprimere le più sincere condoglianze alla famiglia, per il momento di profondo dolore che stara sicuramente attraversando. E la notizia della sua scomparsa, anche per chi non l’ha mai apprezzato e ne era politicamente distante, ha certamente portato con sé una ventata di tristezza e di malinconia, perché se n’è andato un grande protagonista (o antagonista) della vita pubblica nazionale. 

Articolo a cura di Michelangelo Mecchia

Redazione

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