Startup: meglio volare da giovani o da esperti?

Startup: meglio volare da giovani o da esperti?

Quale è il momento giusto per diventare imprenditori? Meglio da giovani, possibilmente ancora studenti universitari, con nulla da perdere, oppure bisogna aspettare di aver riempito la propria “cassetta degli attrezzi” con gli strumenti giusti? In altre parole, dopo essersi “fatti le spalle” in una grande azienda?

A supporto della prima tesi, cito una frase di uno dei più celebri Venture Capitalist dei nostri giorni, John Doerr: “Investiamo solo su persone che si sono schiantate tentando di far volare un caccia F-14”. Il senso della metafora è evidente: ha maggiori chance di ricevere la fiducia degli investitori  chi già ha “provato il brivido” di dirigere una startup. Perché?  Essenzialmente perché le startup rappresentano una palestra di vita per chi le fonda e per il team che tenta di farle sopravvivere, e possibilmente, crescere. Lanciarsi nella “valle della morte” con pochi viveri (finanziamenti) tentando di attraversarla, consente di sviluppare un knowhow e delle skills non di poco conto. Anche chi fallisce (il 90% degli audaci), impara dai propri errori, e auspicabilmente al secondo tentativo non li commetterà di nuovo. Inoltre queste skills acquisite sul campo, sono spesso molto più tempranti di un’esperienza di stage scarsamente retribuita, passata a fare attività ripetitive e di ordinaria amministrazione; e ciò permette di risaltare agli occhi dei futuri recruiters anche in caso si decidesse di abbandonare la strada dell’imprenditoria. Questa è una visione più statunitense che italiana dell’ecosistema startup. Lo scarto più significativo tra i due ecosistemi riguarda il fenomeno della cosiddetta imprenditorialità seriale. In Italia, nel 2012, solo il 23% degli startupper entro i 35 anni aveva già fondato una giovane impresa; negli Stati Uniti invece la percentuale, nel 2012, superava il 44% ed era così ripartita: 21,4% era alla seconda startup, 12,4% alla terza, e più del 5% alla quarta o alla quinta. E’ dunque chiaro come i giovani americani amino l’adrenalina provocata dal “volo”, poi che si schiantino o meno è un’altra storia.

A sostegno della visione opposta, cito il mio professore di Startup dell’università FGV di Rio de Janeiro, Marcelo Salim: “Se avete un’idea per creare una vostra impresa, vi consiglio di trovare un lavoro in una grande azienda operante in quel settore, e quando siete pronti uscite e inseguite il vostro sogno”. Il motivo alla base di questa tesi è che lavorando per una BIG settoriale si ha la possibilità di “rubare” informazioni, best practices e knowhow. Infatti nel 2007 in Italia il 62,7% degli startuppers avevano già una grande esperienza, maturata in anni di lavoro sul campo.

Per gli aspiranti imprenditori appare evidente come, oltre all’istruzione, sia consigliabile acquisire un solido e navigato background di esperienze lavorative nel settore in cui si desidera innovare. In qualità di Business Analyst presso lo IAG – Italian Angels for Growth-  ammetto che il curriculum professionale del founding team e dei collaboratori risulta essere una delle variabili fondamentali al momento della valutazione dei business plans per decidere su quali cavalli puntare tra tutti quelli che vogliono emergere in un mercato, quello dell’innovazione, sempre più complesso e competitivo.

Tirando le somme, quale è la risposta migliore? Dipende da molte variabili quali ecosistema e settore in cui si vuole innovare, nonché dal carattere dell’aspirante imprenditore che deve essere forte, deciso e soprattutto deve essere pronto ad accettare il fallimento come un trofeo personale.

 

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