15 Maggio 2024 - 19:01
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Quando si dice un “capolavoro”

“Nessuno di noi può decidere quale realtà vivere. Un mondo idilliaco non esiste né è mai esistito.”

 Questo mese arriva in tutte le librerie la nuova opera di Lucia De Cristofaro “Il capolavoro”, edita dalla Albatros Edizioni, ha già riscosso successo di critica e di pubblico. Dopo, infatti, il successo internazionale del suo precedente romanzo “L’Ottavo Giorno”, tradotto in quattro lingue e distribuito in tutta Europa, con prefazione del Premio A. Nobel per la Pace Johan Galtung, la De Cristofaro torna con un altro avvincente giallo, ambientato ancora in Nord Europa. Questa volta il protagonista è però al maschile – particolare inedito per la scrittrice – e risponde al nome di Andreas Larsen, autore in cerca di una storia da raccontare dopo il successo del suo primo libro. Guardando per un attimo indietro, Lucia De Cristofaro inizia la sua fervida carriera di scrittrice nel 1997 e da quel momento vince più di 50 premi letterari in Italia ed all’estero. Personalità poliedrica del mondo culturale, è anche giornalista, Direttore della rivista Albatros Magazine, e critico d’arte. Tante le personalità accorse in occasione di diverse presentazioni sull’intero territorio nazionale, tra cui l’on. Guido Milanese, l’ing. Raffaele Petrone e il professore e scrittore Franco Salerno, ma grandissimo anche il primo riscontro della carta stampata, che ha definito l’opera “un’avventura travolgente che fa emozionare, piangere, gioire e riflettere”. Sfogliando la sua nuova “fatica letteraria”, proviamo anche noi a saperne di più… ovviamente senza farci dire troppo! Il libro è disponibile in tutte le librerie e store digitali.

Direttore, domanda inevitabile per cominciare: è davvero un “capolavoro”?

Beh, questo devono deciderlo i lettori! Il romanzo, come tutti quelli che ho scritto finora, parte da una domanda, che mi sono posta lasciandomi ispirare dalla realtà che mi circonda e cui cerco di dare una possibile risposta attraverso la trama narrativa. Se uno scrittore riesce a diventare famoso con la sua prima opera, come fa a sopportare il ‘peso’ di questo successo e a scrivere un secondo romanzo che eguagli il primo? È da qui che il protagonista inizia il suo viaggio alla disperata ricerca di una storia da raccontare.

E la trova?

Sì, certo, la trova e la vive, anche suo malgrado, perché spesso la vita è molto più avvincente di qualsiasi romanzo.

Un’opera così piena di particolari è frutto solo della sua fantasia o ci sono anche delle esperienze vissute in prima persona?

Mah, direi che è frutto della mia costante voglia di guardarmi intorno e di riflettere su ciò che accade nel mondo. È frutto dei viaggi e di ciò che essi mi hanno lasciato dentro, perché per me viaggiare non è solo vedere posti nuovi, ma essere curiosa di scoprirne i particolari, che poi è la stessa curiosità che cerco di suscitare nei miei lettori per i posti in cui i protagonisti vivono le mie storie.

Quali sono, quindi, i luoghi de “Il capolavoro”?

In realtà in questo romanzo mi è piaciuto giocare coi miei lettori, scegliendo di non svelare la città in cui si svolgono i fatti se non nelle ultime pagine. Non potevo certo smentire la suspense che caratterizza tutti i miei libri, che qualche critico ha definito ‘gialli antropologici’ poiché cerco sempre di interpretare la contemporaneità per darne una chiave di lettura sia sociale sia politica.

Leggendo il Suo libro risalta all’occhio come il protagonista sia immerso in una realtà fatta di immigrazione, violenze, e terrorismo: è questo il vero volto della realtà di oggi?

“Purtroppo nessuno di noi può decidere quale realtà vivere. Un mondo idilliaco, studiando la storia sin dai suoi primi albori, non è mai esistito. Credo che finché l’uomo non si renderà conto che sopprimere e odiare non cambierà di certo il suo destino, non si arriverà mai ad un assetto mondiale dove tutti possano vivere liberamente e senza oppressioni di nessun genere.”

Sappiamo che Lei, oltre ad essere una scrittrice, è anche una poetessa con nel palmares numerosi premi vinti in Italia ed all’estero: quanta poesia c’è nel suo nuovo libro?

Direi tanta, ma non troppa. Un poeta non smette mai di essere tale e quindi anche quando scrive di narrativa, questa a volte ha inevitabilmente visioni poetiche

Quanto nel romanzo c’è, invece, della donna Lucia de Cristofaro?

Personalmente non credo che gli scrittori o i poeti abbiano un’anima femminile o maschile, ma semplicemente un’anima poetica senza differenze di genere. Per il resto, avendo questa volta un protagonista al maschile, ho dovuto limitare al massimo un certo tipo di ‘influenze’. E devo dire che è stata anche una sfida molto interessante e divertente. Durante la scrittura ho chiesto consiglio a tanti amici, cercandoli in continuazione per sapere come avrebbero reagito in una determinata situazione o dinanzi ad uno specifico comportamento. Alla fine credo che il personaggio di Andreas sia diventato proprio come l’avevo in mente, uno scrittore contemporaneo in crisi d’identità ed in cerca della giusta ispirazione.

 

A cura di Luca Guerrasio

Redazione

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