14 Maggio 2024 - 12:00
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Lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria

Con la proclamazione di uno Stato Islamico e la messa in rete di raccapriccianti filmati di esecuzioni si presentavano al mondo, nell’estate 2014, i militanti dell’Islamic State of Iraq and Syria (ISIS). Leader dello “Stato”, esteso tra Siria ed Iraq, è l’ex militante di al-Qaeda Abu Bakr al-Baghdadi, che se ne auto-proclamava il Califfo in un video comparso in rete lo scorso 29 giugno. Nello scegliere il suo nome, il terrorista onorava Abu Bakr, il primo dei quattro Califfi “ben guidati” che succedevano Mohammed alla guida della Comunità Islamica.

I militanti dell’ISIS rappresentano l’ala militante e violenta del Salafismo, una dottrina sunnita risalente al XIV secolo che auspica un ritorno all’Islam puro (il suo nome deriva da Salaf, la comunità dei primi ed irreprensibili Musulmani) e promotore dell’interpretazione letterale del Corano. Il drappo nero sventolato dai militanti dell’ISIS non è simbolo del neo-istituito Califfato, ma del Salafismo stesso.

Sebbene la notorietà dell’ISIS sia cosa recente, gli sforzi dei terroristi volti all’istituzione di uno Stato Islamico risalgono almeno al 2006. Sfruttando la forte instabilità dell’Iraq, di certo non attenuata dalla recente occupazione anglo-americana (2003-2011) e la successiva guerra civile siriana (in corso dal 2011), gli estremisti si sono stretti in un’organizzazione che ha conquistato indisturbata 13 province (7 irachene e 9 siriane). Nel corso della sua espansione, i terroristi dell’ISIS si sono macchiati di crimini gravissimi. Oltre alle decapitazioni, riprese e mostrate al mondo intero (tristemente note sono le esecuzioni dei giornalista James Foley e Steven Sotloff, di un giovane curdo e di quattro uomini sospettati di essere spie del Mossad, i servizi segreti israeliani), è in atto un tentativo di sterminio dei fedeli dello Yazidismo, colpevoli di essere adoratori del Diavolo, e dell’etnia dei Curdi.

Al 20 agosto risale invece l’autorizzazione del Parlamento Italiano alla fornitura di armi alla popolazione curda. A prescindere dalla necessità di proteggere i Curdi (vittime di numerose persecuzioni già in passato) e le altre popolazioni civili dagli orrori senza fine di cui l’ISIS si sta macchiando, non resta che chiedersi se l’invio di ulteriori armi in Medio-Oriente sia la risposta a questa drammatica situazione.

Di Luigi Giorgi

Redazione

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