29 Aprile 2024 - 4:58
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Ischia, Noi e l’Acqua Santa

Serva Italia che di bellezza fai vanto, rendi noi, tuoi padroni, più liberi nel vivere e più virtuosi nell’agire. E se ti avanza tempo, liberaci dal male. Non ci resta che piangere e pregare. Pregare che finalmente i nostri limiti e i nostri difetti scompaiano. Pregare nell’esempio di gente per bene che ha fatto della virtù il proprio senso di vita. Mi rivolgo all’Italia, palcoscenico delle nostre vite. Palcoscenico senza sipario. È uno spettacolo aperto al mondo, aperto alla vita di chi ci guarda da sotto, seduto su quelle poltrone rosse odorose di polvere,che aspetta il momento dell’ applauso per sentirsi anche lui parte di quello che sta vedendo. E’ una preghiera al nulla. Non a Dio, non a qualche eroe del terzo millennio.
Qualche tempo fa, mi è capitato sotto mano un libro che non avrei mai pensato di leggere. Questo libro, edito da Mondadori, si intitola “ Sono Postumo di me stesso”, e racconta la vita politica di Giulio Andreotti, interamente, con le sue citazioni più celebri. Il senso di questo libro è raccontare i difetti del nostro mondo con gli occhi di chi quei difetti ha provato a governarli ma, evidentemente, si è fatto sopraffare da loro. “Esiste uno strano modo di intendere la giustizia, in noi italiani, che oscilla tra la richiesta della pena di morte e quella di abolire persino le multe”. Così dice, e forse così è.
La vicenda Ischia e la storia delle cooperative, mettono in luce tutti i difetti Italiani. Di guardie e di ladri, di corrotti e di corruttori. Esagerazioni giornalistiche ma anche verità dolorose. Leader politici alla gogna sulle prime pagine dei giornali. Corruzione e produzione in relazione osmotica. Capitale e politica sullo stesso livello di marciume. E’ una brutta immagine, indubbiamente. Peraltro tutta da dimostrare. Metanizzazione di un’isola significa sviluppo e non ci deve essere un prezzo per questo. Ciò che è certo, è che per curare i mali italiani è necessario liberarsi dal pregiudizio; quello che accade deve prescindere sempre dal nostro agire. “L’italianità” sta in questo, ed Andreotti lo aveva capito. Oggi è giusto dire che un utilizzo strumentale delle intercettazioni e dell’attività giudiziaria è sbagliato, ma allo stesso modo è riprovevole la relazione parassitaria che c’è tra rappresentato e rappresentante. Politica non è quello che per convenienza pensiamo che sia, non è l’acqua santa delle nostre necessità. E’ giusto che si chieda il conto anche di questo a noi stessi per evitare altre catastrofi.

Redazione

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