16 Maggio 2024 - 13:32
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Il dramma di Greta e Vanessa: italiane rapite in Siria

“Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polverizzate da un’esplosione (…) rosso come il sangue, rosso come il tappeto sul quale ha camminato il bastardo assassino oggi”.
Riecheggiano nella mente, come un grido di dolore, queste parole che testimoniano solo una delle migliaia di morti che si consumano ogni giorno in Siria, una terra ormai devastata dalla guerra civile contro il regime di Assad. Si rabbrividisce poi al pensiero che le stesse siano state rese note sul profilo facebook di Vanessa Marzullo, una delle due volontarie italiane rapite ad Aleppo (nel sud-ovest della Siria) lo scorso 31 luglio e delle quali, da allora, si è persa ogni traccia. Alla loro ormai seconda esperienza da volontarie in Siria, le ventenni Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, fondatrici del Progetto Assistenza Medica “Horryaty”, (in arabo “libertà”), sono scomparse dopo sole 72 ore dal loro arrivo. Le nostre coetanee si erano recate in quella terra difficile in missione umanitaria, per contribuire a restituire ai civili quella libertà di cui poi, loro stesse, sono state private. Nessuna notizia certa è ancora giunta da allora: le ragazze sarebbero state probabilmente sequestrate da un gruppo armato locale che opera a contatto con i fondamentalisti islamici e poi vendute dai rapitori, in cambio di soldi o armi, ad altri gruppi criminali della zona. Un milione di euro: sarebbe questa la cifra richiesta per la liberazione delle due giovani, secondo quanto riferito da fonti dell’intelligence. A più di un mese dal rapimento, sembra essere quindi aperta una trattativa tra lo Stato italiano e gli attuali detentori delle due ragazze: nonostante il villaggio in cui le volontarie sono state rapite appartenga alla regione “controllata” dall’ISIS, si ritiene che le stesse siano detenute attualmente da un altro gruppo jihadista il cui operato, comunque, non sfugge agli uomini di Al-Baghdadi. E intanto, sui social network, sterili polemiche sono alimentate da coloro che accusano le ragazze di superficialità ed incoscienza. E’ indubbiamente molto rischioso recarsi in Siria in questo periodo, ma i commenti sulla vicenda delle due ragazze rapite stanno andando ben oltre la doverosa preoccupazione per le loro sorti: da un lato c’è chi sostiene che l’eventuale riscatto dovrebbe esser pagato dalle famiglie (e non dallo Stato) e dall’altro chi invoca l’intervento della diplomazia internazionale. Certamente da condannare è poi l’intervento dell’assessore comunale di Varese, Stefano Clerici, il quale ha definito le due ragazze delle “sprovvedute recatesi in Siria per farsi i “selfie”, gli autoscatti. Parole forti ed irrispettose, che hanno toccato in particolare i familiari delle giovani, intervenuti per lanciare un appello: “Chi ha fatto Vanessa e Greta prigioniere dovrebbe ricordare cos’erano lì a fare. Volevano il bene e sarebbe un dramma se qualcuno le ripagasse con il male”.

Redazione

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