15 Maggio 2024 - 2:09
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“Fenomeno” Sollima: l’uomo tra pietà e paura

Che il genere criminale venda bene si sapeva da tempo, eppure resta sempre indicativo come film quali il recentissimo “Suburra”, diretto da Stefano Sollima, rappresentino un vero e proprio successo del cinema italiano. A dieci anni dall’uscita di “Romanzo criminale” ecco tornare nuovamente nelle sale la criminalità capitolina, questa volta appoggiandosi a situazioni fittizie, anziché a nomi e volti che hanno tristemente segnato le pagine del nostro passato. Trascurando, però, l’argomento trattato in sé per sé e il discorso politico ad esso legato, resta dato di fatto che Sollima ha svolto un lavoro davvero impressionante nel portare sul grande schermo una caratterizzazione umana che continua ad attrarre un numero sempre più ampio di persone. Al di là di qualsiasi giustificazionismo o simpatia, Sollima si pone all’interno del cinema contemporaneo come un ritrattista in grado di dipingere quanto di più difficile ci sia da mostrare, ossia il peggio degli uomini a noi contemporanei. Sembrerebbe un lavoro non troppo complicato, quello di trattare di criminali e di tutto il marcio che già siamo abituati a vedere sottolineato dai media, eppure la grandezza del regista sta proprio in questo, nel non limitarsi a mettere in luce questi uomini senza scrupoli, bensì scavare a fondo nella realtà del nostro tempo facendo chiarezza su ciò che sembra segnare sempre più la nostra società: pietà e paura. Già in “Romanzo criminale” eravamo stati abituati a vedere riproposti modelli mossi dalle loro paure e che spingono lo spettatore a provare pietà (non simpatia), a conti fatti, per la miseria della fibra di vita dei protagonisti. Con Sollima la musica cambia e non lo fa per volere incondizionato del regista, ma per necessità del tempo: l’ex membro della banda della Magliana, il parlamentare corrotto, l’escort, sono tutte figure in balìa anch’essi di paura e pietà, solo che questa volta, nel vedere le loro storie, lo spettatore non tiene conto della paura che li spinge ad agire in quel modo, ma della propria paura nel rendersi conto di vivere in una realtà popolata da questi individui. Così non si ritrova a provare una pietosa condanna per quanto accade, ma pietà per se stessi nel prendere atto di quanto, ciò che in questo caso è film, potrebbe benissimo essere una pagina di giornale e, in generale, parte della nostra vita. Sollima riesce come pochi altri a farci trattenere il respiro per storie non sempre originali, ma messe in atto da tutto ciò che siamo abituati a conoscere in un’opera quasi catartica, per prendere atto di ciò che ci spaventa e che vive al nostro fianco e in noi. Perché è pur sempre vero, citando Cesare Pavese, che l’uomo è pietà e paura, nient’altro. Oggi come ieri.

 

A cura di Giulia Nino

Redazione

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