14 Maggio 2024 - 16:52
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Caso Weinstein: siamo stati tutti presi in giro dal mondo dei riflettori

Il caso Weinstein, ormai di portata pubblica, è certamente uno degli scandali peggiori degli ultimi anni ad abbattersi sulla dorata collina di Hollywood: ben 88 denunce da parte di attrici, modelle ed ex dipendenti, società a picco, carriere stroncate, matrimoni finiti e rehab. Una delle pagine più imbarazzanti della storia del grande schermo che ha avuto un profondo eco nello stesso ambito; si parte con Kevin Spacey, accusato di molestie sessuali a un ragazzo minorenne, passando per Ed Westwick, star della rinomata serie tv Gossip Girl, accusato di violenza sessuale su una donna 3 anni fa, arrivando persino in Italia con accuse di molestie da parte del regista Giuseppe Tornatore ai danni di una showgirl napoletana.
Indignazione, sgomento, parole dure e condanne: queste le reazioni provenienti da chiunque venga interpellato in materia. Comportamenti ingiustificabili e inappropriati, a detta di tutti, che non possono più essere taciuti.
Un grande movimento, si direbbe, dunque, a favore di tutte le donne (e non solo) vittime di abusi di potere e violenze causate dai suddetti atteggiamenti. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, come ad esempio una serie della portata di House of Cards cancellata immediatamente da Netflix a seguito delle accuse rivolte contro Spacey o la stessa esclusione dell’attore dal film del regista Ridley Scott (data di uscita prevista per il 22 dicembre), il quale si vede costretto a girare nuovamente tutte le scene in cui era presente l’attore premio Oscar, con un sostituto.
Alla luce di quanto detto, reputo necessario fermarsi un attimo, prendere un bel respiro e guardare in maniera obiettiva alla realtà:
• Fatto: Spacey, Westwick e Tornatore sono stati accusati di molestie e violenze sessuali;
• Fatto: i tre sopracitati sono tutti volti noti e talentuosi dello star system;
• Fatto: ognuno è innocente fino a prova contraria.

Analizzando con precisione questo fenomeno che sta attraversando il mondo di Hollywood e che sembra essere sbarcato anche oltreoceano nelle ultime settimane, salta senza dubbio all’occhio come tutte queste nefandezze siano state portate alla luce dalle presunte vittime a seguito dello scandalo Weinstein, consequenzialità spesso dichiarata dagli stessi accusatori in quanto stimolo nel trovare la forza di denunciare. Un ragionamento certamente nobile, se non fosse che molti di questi casi risalgano a parecchi anni fa e che, come risulta proprio dalle dichiarazioni venute fuori dal caso Weinstein, l’ambiente hollywoodiano è più piccolo di quanto non dia a vedere e che ogni difetto, fissazione, crimine o peccato siano sulla bocca di tutti nel momento stesso in cui vengono commessi. Sommando questi due dati, quindi, ciò che salta agli occhi è la nauseabonda ipocrisia venuta fuori dal mondo del cinema, a quanto pare un ambiente pronto a nascondere terribili scheletri negli armadi dei suoi insospettabili membri per anni, ma che, non appena questi vengano portati alla luce, correrà subito ai ripari, lavandosene le mani, vestendo gli abiti della vittima anziché del complice e compiendo plateali e teatrali prese di posizione contro cose di dominio pubblico da tempo.
Un atteggiamento vile e basso, da parte di tutti. A ben poco serve la cancellazione di una serie tv o lo stroncamento di una carriera solo quando un giornale rivela scandali, un contentino che dovrebbe indignare e far riflettere sul ruolo di complice silenzioso di un ambiente sempre più simile a una casta. Ipocrisia, inoltre, fortemente avvalorata dal fatto che, sulla base degli ultimi avvenimenti, va a porsi come punizione estrema ad uno stato in cui nessuna delle accuse rivolta ai tre artisti precedentemente citati è stata realmente provata.
Come se tutto ciò non bastasse, è necessario anche parlare, pur con il dovuto rispetto per la delicata situazione in cui ci si trova, dello sfruttamento mediatico che si sta facendo di questo genere di violenze e accuse: è certamente indicativo notare come il caso Weinstein abbia dato vita a una serie sempre più lunga di persone che denunciano comportamenti inappropriati e vessatori nei loro confronti da parte di chi aveva il potere di determinare la fine della loro carriera artistica, tuttavia è anche legittimo constatare come sia facile abusare di questa valanga di scandali per avere un briciolo di notorietà in più.
Per citare quanto detto da Laura Chiatti in merito alle accuse mosse contro il regista Tornatore “non vorrei che esplodesse la moda di denunciare dei professionisti seri solo per giustificare il fallimento della propria carriera”. Ovviamente si tratta di una considerazione che va presa con le pinze, tenendo conto che il tema di fondo non è dei più semplici e che ingloba traumi seri vissuti sulla pelle di persone, ma così come è facile additare e accusare professionisti di aver abusato della loro posizione, così anche l’intelligenza, prima ancora della legge, dovrebbe riflettere sulla veridicità di queste lapidazioni mediatiche, sull’utilizzo che se ne sta facendo, su quanto sia facile per volti ignoti dello star system finire sotto la luce della ribalta cavalcando una deplorevole ondata che sta travolgendo il suddetto panorama. Un modo senza dubbio malizioso di guardare alle intenzioni e alla natura umana, ma che deve essere tenuto in conto con serietà, soprattutto in base a tutta la serietà con cui una semplice dichiarazione può portare alla fine di una brillante carriera costruita con sacrifici.
Arrivando alla conclusione di questa piccola analisi, non è nelle intenzioni dell’articolo voler proclamare la verità più assoluta, definendo in maniera irremovibile chi è da considerarsi colpevole e chi vittima, chi bugiardo e chi onesto, ma solo mettere in guardia un pubblico troppo spesso in balia dei titoli inneggianti condanne senza avere effettivamente prove concrete in mano.
Senza dubbio, ciò che esce fuori da questa storia è una sconfitta generale: per il dorato mondo del cinema (malato in maniera terminale del morbo del perbenismo e dell’ipocrisia), per gli sciacalli pronti a salire sul carro del vincitore e per gli spettatori tutti. Tra qualche anno, forse, ripenseremo a questo episodio con un misto di commiserazione e umiliazione: siamo tutti stati presi in giro dal mondo dei riflettori.

A cura di Giulia Nino

Redazione

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