26 Aprile 2024 - 4:49
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Società moderna e il degrado dell’abbigliamento

Quando si parla di abbigliamento, la prima cosa che viene in mente pensando all’Italia sono i famosissimi atelier di alta moda.

Versace, Dolce&Gabbana, Alviero Martini e Brioni sono sicuramente alcuni dei più influenti stilisti della moda mondiale e, sono italiani. Inoltre, sono quattro le capitali della moda mondiale quali Parigi, Londra, New York e Milano.

Considerando queste premesse parrebbe strano pensare all’Italia come ad un paese che mostra un calo dell’abbigliamento sobrio ed elegante. Come negli altri paesi del mondo, anche in Italia, negli ultimi anni c’è stato un profondo logoramento del buon gusto in fatto di stile. Questo fenomeno ha inizio negli anni ’50 e ’60, per via del ridotto potere d’acquisto delle famiglie causate dallo sforzo bellico e a seguito dell’affermarsi dei grandi magazzini, che vendevano capi di vestiario come pantaloni di jeans e T-shirt dietro corrispettivi modici, per consentire alle persone di vestire senza spendere troppo.

C’è stata un’uniformazione di abbigliamento poi che ha portato alla nascita degli abiti unisex. L’avvento delle grandi aziende di abbigliamento di livello medio-basso ha fatto sì che i piccoli sarti ed artigiani pian piano perdessero la loro competitività poiché la maggior parte delle persone si è uniformata alla collettività. Si è poi proseguiti anche al mutamento dell’acconciatura dei capelli che però ha influito più negativamente negli uomini che hanno adottato la sfumatura militare con i capelli generalmente corti e disordinati.

Il taglio elegante italiano caratterizzato dalla riga laterale ed eseguito con il solo uso delle forbici e del pettine, che ha distinto l’uomo italiano per molto tempo, è pian piano scomparso per poi essere adottato e rivisitato dagli americani di medio-alta fascia, i cosiddetti nuovi ricchi.

Successivamente con il boom economico dovuto al piano Marshall, alcuni degli italiani sono tornati all’abbigliamento elegante che è sempre stato caratteristico del nostro paese. Con l’inizio del nuovo millennio, quindi dagli anni 2000, si è vista nuovamente una decrescenza della popolarità del completo che ha ceduto il posto ai jeans, chinos, maglioni e felpe. Le scarpe di pelle, fiore all’occhiello dell’artigianato italiano, sono state sostituite dalle scarpe da ginnastica e si è vista l’ascesa dei marchi come Nike, Adidas, Puma e altri.

La ragione di questo mutamento, secondo quanto affermato dai consumatori è la maggiore comodità di questo tipo di abbigliamento. La possibilità cioè di vestire senza preoccuparsi di stropicciare o sporcare i vestiti indossati, poiché per i vestiti di oggi è sufficiente un’ora in lavatrice per poterli riutilizzare anche il giorno dopo.

Con i completi e gli abiti di prima era molto più complicato, bisognava prestare attenzione a come ci si sedeva, come si camminava e come si mangiava.

Questo cambiamento ha sicuramente sia dei lati positivi che dei lati negativi. Di positivo c’è sicuramente la comodità e la rapidità nell’indossare i jeans e maglietta e non dover fare sforzi eccessivi per abbinare i vari colori, tuttavia c’è un lato negativo. Questo abbigliamento “minimalista” ha purtroppo portato al degrado del buon gusto e spesso del pudore.

Negli anni ’10 si è stati testimoni di uno dei periodi più cupi dell’esteriorità umana, il pantalone a vita bassa. Nato nelle carceri per segnalare agli altri detenuti la disponibilità sessuale, questa usanza è stata adottata dai giovani credendo fosse fashion senza curarsi del disgusto degli altri nel vedere il sedere di questi giovani. Una cosa ancora peggiore è l’irriverenza per le istituzioni più sacre della società contemporanea come i tribunali, il parlamento e altri enti. Anche gli studenti di facoltà come giurisprudenza, scienze politiche ed economia che dovrebbero diventare i giudici, impresari, banchieri, diplomatici e parlamentari del domani hanno abbassato lo standard dell’abbigliamento eliminando la giacca e camicia e a parer di molti esteti mancando di rispetto che queste particolari facoltà meritano.

E voi cosa ne pensate?

Non vi fa intristire che noi italiani siamo stati superati dagli statunitensi?

Statunitensi che fino a qualche secolo fa non sapevano abbinare un pantalone con una camicia e che proprio noi italiani con la grande migrazione, abbiamo insegnato agli americani il senso dell’eleganza i quali però, hanno avuto il buonsenso di preservare gli insegnamenti degli italiani ed essere molto spesso più eleggenti di noi.

Non vi fa tristezza vedere gli americani che hanno imparato dai barbieri e parrucchieri italiani la cura dei capelli e della barba mentre nel nostro paese andiamo sempre più giù con i capelli tagliati a caso per non parlare dell’acconciatura?

Articolo a cura di Zack Conte

Redazione

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