27 Aprile 2024 - 6:07
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Intervista a Jean-Pierre Darnis, dell’Istituto Affari Internazionali

In una traversa di via del Corso, per l’esattezza al terzo piano di via Angelo Brunetti n.9, vi è la sede dello IAI, ossia dell’Istituto degli Affari Internazionali. Una volta su, mi accoglie Jean-Pierre Darnis, vicedirettore dell’area “sicurezza e difesa” dell’istituto, Professore associato dell’Università di Nizza nonché ex Professore presso la cattedra sui diritti dell’uomo con il compianto Prof. Paolo Ungari qui alla LUISS – Guido Carli.
Salve Vicedirettore, oggi siamo qui per parlare dello IAI: cos’è?
L’Istituto degli Affari Internazionali, fondato da Altiero Spinelli nel 1965 con fondi privati (vedi i rapporti con la Olivetti), statunitensi e oggi anche statali, nasce come think tank per dare una visione moderna e strategica in Italia della politica estera un po’ come già accadeva in UK e negli USA. È un istituto pioneristico che studia le tematiche internazionali, strategie ed il collocamento dell’Italia in un contesto globale. Lo IAI studia, analizza e spingeper la promozione della cultura internazionale e per l’integrazione europea e transnazionale. Non è un istituto neutrale: siamo europeisti e spingiamo alla democrazia, ad una cultura liberale da interpretare nello scacchiere politico internazionale. Siamo analisti accademici ma facciamo policy. Cerchiamo, su tematiche di nicchia o mondiali che riteniamo importanti, di far progredire la visione italiana ed il modo di ragionare politico europeo. Cerchiamo di far accrescere la consapevolezza non in modo puramente accademico ma con un miglioramento di politiche europee. Noi indirizziamo e lavoriamo su cose che magari non interessano il grande pubblico, si pensi ad esempio la cyber security e le tecnologie spaziali collegate alla sicurezza.
Una serie di cose che il cittadino comune, a volte, non sa nemmeno che ci sono.
Esatto, il nostro personale ha conoscenze approfondite negli ambiti più rilevanti e disparati: ad esempio io, con altri colleghi, lavoro alla politica spaziale ed al compatto tecnologico ad essa collegata. Si pensi, ad esempio, ai satelliti, alla trasmissione di dati e tutta una serie di cose che vengono elaborateda pochi esperti. L’Italia è uno dei più grandi stati europei sotto questo punto di vista: il lanciatore Vega, satelliti, capacità di produzione di questi ultimi eppure, nonostante ciò, il numero di personale impiegato è esiguo per un’industria di alta tecnologia e precisione. Lo IAI lavora ad una politica, anche continentale, che provi a cambiare quanto accade ora. Non bisogna dimenticare che questo porta ad avere contatti con la Cina, gli Stati Uniti, la Russia e che, data la posta in gioco, smuovono ingenti risorse economiche.
Cosa ne pensa lei di tutti i vari focolai che minacciano l’Europa? Mi riferisco ovviamente a quanto accade in Ucraina e a quanto si sente riguardo l’ISIS.
Per quanto riguarda l’Ucraina e l’ISIS sono scenari che noi studiamo anche se lo facciamo in un’ottica che ci consente di adeguare, a tali avvenimenti, le politiche europee. Poi certo, ognuno qui ha il proprio pensiero costruito alla luce dei nostri studi e ricerche. Tutto sommato il messaggio è chiaro: il 2014 è un anno di pericoli crescenti e ravvicinati. Andando oltre la specificità dell’embargo alla Russia, quanto esso possa durare; andando oltre alla questione dell’ISIS che si dichiara uno stato, qui andiamo verso delle minacce che potremo definire statali. Bisogna riattivare meccanismi e riflessioni che pensavamo finiti nel post guerra fredda. I focolai che troviamo nell’area africana toccano direttamente anche l’Italia: dall’immigrazione agli idrocarburi. Uno dei primi obiettivi dell’Europa è di andare a stabilizzare gli stati a noi più vicini, lo è stato per i Balcani, lo è ora per il Nord Africa. L’immagine della Russia che dà sempre più prove di forza, l’immagine di un Medio Oriente sempre più vicino porta a compiere scelte di politica internazionale ed europee sempre più precise.
Rischiamo di scrivere un altro brutto capitolo nei libri di storia.. Eviteremo un’altra guerra mondiale?
Si anche perché se, ad esempio, si cominciassero ad usare le armi nucleari, Francia, Stati Uniti e non solo avrebbero il potenziale per distruggere l’intero pianeta. La razionalità di questi attori aumenta a seconda della armi che hanno. Voglio lanciare una provocazione. Bisognerebbe potenziare il proprio arsenale con armi tradizionali non nucleari. Il fine, paradossalmente, è quello di disincentivare lo scontro.
Quindi l’acquisto degli F35 da parte di Renzi è una cosa buona?
Beh, paradossalmente, ora non è più tanto criticabile. È quello che noi in ambito militare chiamiamo la receiver. Le armi vanno bene quando uno non le usa però è vero che la disponibilità degli aerei è più bassa rispetto al numero: se ho sessanta aerei solo venti saranno pronti al decollo. Un numero ridicolo per difendere lo spazio aereo Italiano. Capisco le difficoltà delle scuole pubbliche, anche io sono professore in una di esse, però la sicurezza deve venire prima di tutto questo.
Ritornando ad argomenti più leggeri, lo IAI offre la possibilità di stage a laureandi e laureati…
Lo IAI tramite appositi bandi, soprattutto nell’area “sicurezza e difesa”, offre varie opportunità. Scienze politiche (relazioni internazionali maggiormente) ma anche economisti, giuristi ed ingegneri. Per i laureandi è prevista una borsa di studio e la possibilità, in caso di tesi interessante, di fare uno stage presso di noi e di poter lavorare come parte integrante di uno dei nostri team.

Redazione

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