Una nuova pagina di storia è stata scritta. È accaduto quello che fino a pochi mesi fa era ritenuto impossibile, da fantapolitica. L’incontro tra Kim Jong-Un e Moon Jae-In è avvenuto nella zona demilitarizzata che divide le due Coree lungo il 38˚ parallelo ed ha rievocato eventi che appartengono ormai ad un’altra epoca.
La guerra di Corea formalmente non è mai finita. Dal 1953, anno in cui i due Stati decisero di porre fine alla belligeranza con un armistizio, un trattato di pace non è mai stato siglato. Così, la retorica politica a cui sono stati sottoposti per mezzo secolo gli abitanti della penisola, non ha mai smesso di menzionare l’ipotesi della riunificazione (da ambo le parti). Pertanto, la stretta di mano tra i due leader Coreani simboleggia informalmente il termine, o almeno la sospensione temporanea, delle ostilità.
Ma cosa rimane di questo incontro ad alto contenuto simbolico? Oltre alle buone intenzioni dimostrate dalle due parti, sono presenti degli elementi per credere che questo primo atto di riavvicinamento condurrà ad un miglioramento di tipo sostanziale della situazione politica della penisola? Dare una risposta a questi quesiti richiede sia un’analisi più approfondita delle relazioni intra-coreane negli ultimi anni, sia un giudizio più critico, sostanziale, sull’incontro avvenuto ieri tra i due leader.
In primis, bisogna far maggiore chiarezza su quelli che sono stati i veri risultati raggiunti dopo questo importantissimo meeting. A primo acchito, facendo riferimento alle immagini dei due leader che piantano assieme un albero di pino in segno ‘ di pace e prosperità’, quelli che scommettevano sul fatto che Kim sarebbe sceso a più miti consigli sembrerebbero aver vinto. Tuttavia, questo primo incontro va considerato come il punto di partenza e non di arrivo di un processo, che per ora, non ha fornito elementi tecnici per supporre una repentina denuclearizzazione della penisola. I due leader hanno fatto riferimento per lo più a progetti indipendenti alla crisi nucleare, usando una retorica quanto più vaga e di circostanza sui futuri piani per raggiungere la pace. È indubbio che questo primo incontro vada considerato come una buona base di partenza per i progetti di distensione futuri, tuttavia è altrettanto doveroso mantenere la “massima pressione” su Kim Jong-Un.
Come i tentativi di riavvicinamento passati hanno dimostrato, i nordcoreani sono maestri nell’ottenere concessioni senza concedere nulla. Essendo l’economia nordcoreana fortemente sottosviluppata, con l’aggiunta delle sanzioni internazionali che non fanno altro che aggravare la situazione per la popolazione, l’establishment di Pyongyang ha più volte usato la leva dell’arma nucleare per ottenere aiuti economici. Solo dagli anni 90’ sono almeno sei le volte in cui la Corea del Nord si è impegnata a congelare i suoi progetti nucleari, per poi puntualmente rimangiarsi la parola data. Sarà così anche questa volta? Non è possibile dirlo con certezza, è sicuramente un’ipotesi che va tenuta in considerazione. Pertanto, alla luce delle riflessioni fatte e degli eventi appena descritti, occorre mantenere nei confronti di Kim Jong-Un una posizione equidistante tra un troppo esagerato entusiasmo ed un pregiudizievole sospetto. Il futuro incontro con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump rivelerà quali siano le reali intenzioni degli attori in gioco. Intanto non ci resta che goderci le immagini di un incontro che, nel bene o nel male, finirà nei libri di storia.
A cura di Tommaso Carbone