Lo scorso settembre le elezioni in Germania consegnarono al Paese un quadro politico carico di incognite. Il crollo di voti sperimentato dalla SPD spinse Martin Schulz ad interpretare tale risultato come un mandato degli elettori a portare il suo partito fuori dalla Grosse-Koalition, spostandosi all’opposizione. Da questa scelta nacque l’ipotesi della cosiddetta Jamaika-Koalition, espressione che deriva dall’unione dei colori della CDU/CSU, nero, del partito Liberale FDP, giallo, e dall’intuibile partito dei Verdi. La negoziazione tra questi partiti si preannunciava molto intricata poiché se da un lato la convergenza tra i partiti cristiani e i liberali non rappresentava una novità per il panorama politico tedesco, non poteva dirsi altrettanto di un l’eventuale accordo tra Verdi e Liberali. Molti infatti sono i punti di distanza che li separano, in particolare legati ai temi ambiente ed immigrazione. Dallo stallo in cui era precipitata la negoziazione negli ultimi giorni si è oggi arrivati alla definitiva rottura. Nonostante i Verdi avessero concesso tanto su entrambi i temi, Christian Lindner, leader del partito Liberale, ha annunciato il ritiro del suo partito dal tavolo negoziale per mancanza di “fiducia di base” tra i partiti.
Di fronte al crollo dell’ipotesi di una coalizione giamaica restano solo 3 strade percorribili: un nuovo governo di larghe intese con l’appoggio della SPD, un governo di minoranza o le urne. Una riedizione della Grosse-Koalition nelle ultime ore ha trovato nuovamente il rifiuto del leader SPD, sebbene alcune frange del suo partito sembrino essere favorevoli per senso di responsabilità. Di fatto, tuttavia, il nein di Martin Schulz, che anzi auspica il ritorno al voto, dovrebbe chiudere la questione. Nella situazione di impossibilità, peraltro inedita, di formare una maggioranza, la costituzione tedesca prevede l’intervento del Presidente Federale che può decidere di nominare un cancelliere di minoranza oppure lo scioglimento delle camere. Proprio nelle ultime ore Angela Merkel si è recata dal Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, il quale ha fatto appello ai partiti perché trovino un compromesso, allontanando, almeno provvisoriamente, l’ipotesi di un ritorno alle urne.
In buona sostanza la Germania sembra essere stata contagiata da un’incertezza politica dalla quale era sembrata a lungo immune. Un eventuale governo di minoranza porterebbe ad uno scenario caratterizzato da instabilità governativa, anche se la costituzione tedesca prevede alcuni meccanismi di razionalizzazione efficaci, come la sfiducia costruttiva e lo stato di emergenza legislativa. Inoltre, non mancano gli esempi virtuosi di governo di minoranza, specialmente tra i paesi scandinavi. Un ritorno alle urne potrebbe invece, nella peggiore delle ipotesi, produrre un risultato ancora migliore per AFD, il partito populista di destra diventato il terzo partito alle ultime elezioni, ed un quadro politico altrettanto frammentato. Senza ombra di dubbio, il fallimento delle trattative e la conseguente instabilità politica in cui precipita la Germania, rappresentano un fallimento per la cancelliera Merkel e la nascita di un ulteriore ostacolo ai progetti di intensificazione dell’integrazione europea.
A cura di Gianluca Armeli