Vorrei, vorrei… cosa desidererei trovare sotto l’albero di Natale? Stavolta più di altre volte penso che mi piacerebbe risvegliarmi e, invece di trovare tanti pacchetti con su il mio nome sarei felice di vederne uno solo, diverso da quelli che sono abituata a vedere fin da quando ero piccola, e su scritto non il mio nome, ma un destinatario molto speciale… “per tutti noi”. E da lì vorrei saltassero fuori non tanti oggetti più o meno desiderati, più o meno costosi, o utili, ma tante speranze che oggi vedo più lontane o evanescenti… e vorrei che intorno e davanti a me vi fossero i meno fortunati, quelli che non sanno più nemmeno cosa sia una speranza, quelli che misurano la propria esistenza contando i giorni in fondo ai quali sono arrivati, vivi, se così si può dire. Penso ai bambini dei teatri di guerra mediorientali, e non solo, di cui non si parla più, quasi che la misura delle loro drammatiche condizioni, la preoccupazione per il loro destino, fosse solo il tuonare dei cannoni, il crepitio delle armi. Penso agli innocenti sui barconi che attraversano il Mediterraneo e troppo spesso non arrivano sull’altra riva. Penso a quelli che non hanno di che nutrirsi, per carestie da guerre o disastri ambientali. E non hanno casa, magari perché ricostruirla non viene considerata una priorità da chi dovrebbe farlo. Purtroppo accade non solo in Africa, Medio o Estremo Oriente.
Ecco, vorrei che da lì rinascesse una speranza che vedo persa in un mare di parole spesso vuote e di azioni che non costruiscono futuro, ma evocano solo il buio, o peggio terribili spettri. Pensate, non hanno nemmeno taciuto le armi in Iraq e Siria che già la sortita del Presidente degli Stati Uniti su Gerusalemme ha portato scompiglio. Trump ha di fatto puntato non sulla pace e l’eliminazione dei conflitti in Palestina, ma su una esasperazione delle tensioni che può accrescerli e crearne di nuovi. E così con Cuba dove è cominciato lo smantellamento dell’operazione di disgelo, di quanto hanno faticosamente costruito l’ex presidente Obama e Papa Francesco per chiudere un conflitto vecchio di decenni. Ecco, vorrei trovare sotto l’albero, e con il nuovo anno una luce che sia in grado di spezzare gli incubi e le paure che si moltiplicano: penso alla Corea del Nord ai suoi folli giochi con missili e testate nucleari, penso alle organizzazioni terroristiche che manipolano la religione e la usano come un pretesto ideologico per sopraffazioni e crimini. Ma poi vorrei vedere esaudito un desiderio che riguarda direttamente il futuro del nostro continente. Vorrei avere in dono una formula magica che possa dare una nuova forza all’Europa, alla realtà politica, economica, culturale, ma soprattutto umana, che chiamiamo Unione Europea. Una realtà che sia fondata sulla solidarietà e che possa combattere spinte centrifughe e la riduzione degli ideali fondativi alle sole necessità economiche, produttive e finanziarie. Ecco, vorrei ricevessimo il dono di una ritrovata speranza nella solidarietà, che è anche la medicina più efficace per vincere la tentazione di gestire il problema delle migrazioni di questi anni come fosse solo un problema di numeri, di risorse, di sicurezza, lasciando che crescano senza risposte chiusure, egoismi e populismi.
E poi vorrei che un po’ di quella luce uscendo da questo dono così particolare aprisse le menti di quanti continuano a non comprendere o a negare in nome del profitto e di interessi inaccettabili, i danni che sono stati creati all’ambiente, e quanto grandi e devastanti potrebbero essere le conseguenze. Già, interessi, logiche di fazione, ideologie come i giochi di potere e la corruzione tracciano e approfondiscono sempre di più un solco, la distanza tra le classi dirigenti e i cittadini, interessi di pochi e quelli collettivi. Qui da noi come nel resto del mondo…
Però, per tutto questo, un regalo di Natale, per quanto grande, grande come un sogno, non basta. Dobbiamo costruirlo noi, lavorandoci tutti e tutti i giorni.
A cura di Francesca Feo