20 Aprile 2024 - 11:36
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Sunday, Monday, happy days… eight days a week!

Un tuffo nel passato, direttamente negli anni ’60. In maniera forse silenziosa ma sicuramente allegra, John – Paul –George e Ringo muovevano le “prime corde” nel Cavern Club di Liverpool, ignari che da li a poco avrebbero compiuto una piccola metamorfosi kafchiana, trasformandosi in THE BEATLES. Non ci sono i social network, c’è la radio, il giornale, ma in poco tempo la beatlesmania investe tutto il mondo. Questa è storia vecchia penserete voi, ma siamo sicuri di conoscere tutto sui Fab Four?

Il registra Ron Haward ci mette alla prova con un film documentario, nelle sale da settembre, svestendo i panni da produttore eindossndo quelli di storico sulle tracce del passato dei quattro beat. The band that you know, the story you don’t, recita il sottotitolo del documentario. Un viaggio nel tempo, nessun colossal americano ma un’opera piccola, che racchiude in sé un grande sentimento. Gli effetti speciali questa volta saranno direttamente in sala, perché gli spettatori non riusciranno a resistere dall’alzarsi dalle poltrone e ballare a ritmo di musica.

Il film è realizzato con frammenti di riprese che immortalarono scene di vita quotidiana e professionale dei baronetti.  I Beatles della rivoluzione musicale, ma anche della rivoluzione sociale, interraziale; pochi sanno (anche questo evidenziato nel film)che a Jacksonville si rifiutarono di suonare se ci fossero state discriminazioni di pubblico. Creativi, ma solidi nei valori, The Beatles abbandonano la scena in un modo che solo loro avrebbero potuto ideare: un concerto sul tetto della Apple Store Record, il 30 gennaio 1969. Un invito alle nuove generazioni e quelle passate, speranzose di rivivere emozioni già di per sé indimenticabili. Sono trascorsi oramai quarantasette anni dall’ultima apparizione del quartetto, tanti i fenomeni musicali susseguitesi, eppure si può comprendere l’eredità che hanno lasciato non appena il loro nome viene pronunciato o una nota accennata.

Una sera di festa, nella piazza del paese, quattro ragazzi sconosciuti, una camicia Oxford e una frangetta, “Hey Jude” e “All you need is love”… a quel punto basta chiudere gli occhi, iniziare a cantare ed anche se non sei a Liverpool o a New York, riesci a rivivere le stesse emozioni ed in un istante provare una felicità capace di durare otto giorni a settimana, e forse più.

Redazione

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