24 Aprile 2024 - 14:55
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“Sono sempre al tuo fianco, io di te non mi stanco, sei la cosa più bella che c’è!”

In un calcio dove il denaro, gli sponsor e i diritti televisivi fanno il bello e il cattivo tempo, esiste ancora quel lato nostalgico e romantico del calcio, un lato nascosto, un lato composto per lo più da attaccamento alla maglia da parte di alcuni calciatori definiti “bandiere”.

E’ risaputo che nel calcio di oggi moltissimi calciatori seguono il Dio denaro piuttosto che le emozioni, ebbene la figura di leader decennale di una squadra sta scomparendo e con essa anche le emozioni forti che dava il calcio di una volta.

In questi anni, in queste settimane e in questi giorni abbiamo assistito al trattamento riservato a “bandiere del calcio” come Totti, Del Piero, Maldini, Gerrard,Nesta ecc… bistrattati dalle proprie società per motivi a noi comuni mortali ancora sconosciuti. Il caso più recente è stato il comportamento tenuto dalla A.S Roma nei confronti del suo simbolo, l’ uomo che ha fatto gran parte della storia di questo club ovvero Francesco Totti. Giusto qualche giorno fa, attraverso un’ intervista lasciata dal capitano giallorosso a una giornalista del TG1, lo stesso lamentava il poco impiego durante il campionato e lo scarso minutaggio riservatogli in Champions League contro il Real Madrid. Durante quest’ intervista lo stesso capitano lamentava anche un certo mal di pancia e ha pronosticato anche un addio dalla sua amata squadra per andare a chiudere la carriera altrove anzichè nella squadra in cui è cresciuto, non solo calcisticamente parlando, ma anche umanamente e professionalmente. Il giorno seguente quest’ intervista, l’allenatore della Roma, Luciano Spalletti, annuncia l’esclusione dalla rosa per la partita con il Palermo che si sarebbe dovuta giocare di lì a poco; facendo così Spalletti ha sollevato un polverone degno delle migliori vicende politiche italiane e creando una spaccatura nella tifoseria: da un lato chi crede che ancora Totti possa dare il suo apporto alla squadra, dall’ altro chi crede che, essendo ormai un calciatore sul viale del tramonto, il suo lo abbia già fatto e che non sia più utile per la rosa attuale. Infine, c’è anche chi ha criticato le sue parole e la sua intervista, difendendole inopportune e fuori luogo vista la situazione della Roma in ambito nazionale ed europeo. Al di là di tutto e con molta probabilità, Totti a fine stagione lascerà la squadra tra malumori e incertezze di moltissimi tifosi.

Altra storia molto simile a quella del giocatore romano è quella dello storico ed ex capitano dell’attuale squadra Campione d’Italia (la Juventus). Parliamo del grande Alessandro Del Piero. Era il 2011, la Juventus veniva da due stagioni orribili culminate con altrettanti settimi posti in campionato; ma la storia stava per cambiare: nuovo allenatore in panchina, Mister Antonio Conte, ex capitano della Juve nella prima metà degli anni 90′, nuovi innesti di qualità per la rosa scarna di talento, quel talento che di certo non mancava a un uomo che da diciannove anni indossava sempre la stessa maglia numero dieci, quell’uomo che sempre si è contraddistinto per sani valori morali, per grande etica e per comportamenti ineccepibili sia dentro che fuori dal campo. L’estate di quella stessa stagione, durante un CDA della società bianconera, il Presidente Andrea Agnelli annuncia che per il “capitano di sempre” sarebbe stata la sua ultima stagione a Torino. Tra lo sgomento e l’indignazione generale, però, il giocatore, nato a Conegliano Veneto (Treviso), ha dimostrato la sua solita professionalità: mai una lamentela o una parola di troppo durante la stagione e mai qualche parola di troppo nei confronti di qualche addetto ai lavori di casa Juve. Partita dopo partita, vittoria dopo vittoria, Del Piero si godeva i grandi risultati che la squadra stava ottenendo senza mai lamentarsi, anzi, aiutava la squadra nei momenti di difficoltà, come se ci fossero due allenatori. Finchè,un pomeriggio di Aprile, durante uno Juventus – Lazio, che fino a qualche minuto prima della fine della partita era fermo sull 1-1, Pinturicchio (come venne soprannominato da Gianni Agnelli), decide di fare ulteriormente la storia della Juventus con un calcio di punizione che sblocca la partita, un momento che ha sapore di Scudetto per moltissimi. Insomma, le due storie si somigliano molto, ma oggettivamente parlando va anche detto che i comportamenti dei due campioni sono stati abbastanza diversi, mettendo sotto la lente d’ ingradimento la professionalità di uno e l’amore irrazionale dell’altro per le due rispettive squadre.

Ovviamente c’è chi crede che Totti potesse evitare tanto clamore e tenere un comportamento come quello di Del Piero, ma c’è anche chi crede che talmente è forte il sentimento ” er Pupone” che va oltre la professionalità di un calciatore. Infine, vorrei concludere aggiungendo un mio personalissimo parere: il calcio e lo sport in generale sono il pane quotidiano di moltissime persone, sia dal punto di vista emozionale che dal punto di vista lavorativo; ebbene, io credo che certe società debbano trattare con i “guanti bianchi” quei giocatori che hanno sputato sangue per quella maglia, la stessa per cui hanno scritto la storia, anziché pensare al loro tornaconto e alla loro tasca, perché il calcio è seguito dai grandi, ma soprattutto dai bambini, e sono quelle stesse società a dover insegnare che i sani valori nella vita sono tutto, pure più del denaro stesso.

 

A cura di Nicolò Fontana

Redazione

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