19 Marzo 2024 - 5:33
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MISOGINIA: IERI E OGGI 

In un mondo ricco di stereotipi, la figura della donna ha assunto particolare rilievo.

La donna può votare, può lavorare, può decidere liberamente con chi sposarsi. Insomma, sembra finalmente in grado di tenere le redini della propria vita, ma è realmente così? Molti illusi potrebbero tranquillamente rispondere che sì, la donna è finalmente considerata pari all’uomo. 

È purtroppo facile cadere in tale errore se si seguono le apparenze e se, soprattutto, si attua un confronto con il passato. Perchè? Perchè siamo figli di una società patriarcale, in cui per secoli e secoli la donna è stata vista come un essere inferiore.

La misoginia è quindi alle origini della nostra cultura.

Noi occidentali riteniamo scioccamente di essere in continuo progresso, un passo avanti rispetto ad altri popoli in cui la donna viene sottomessa e privata di ogni diritto, ma la verità è che l’odio contro il sesso femminile permea le proprie radici proprio nella nostra società.

Il termine misoginia deriva da due parole greche “miseo”, cioè odiare e “gyne, ovvero donna. L’odio nei confronti delle donne ha assunto forme diverse nei secoli. Si parte dalla semplice teoria per poi sfociare nella pratica più barbara. La cultura greca è ricca di esempi emblematici. 

Esiodo nelle sue opere afferma: “Zeus che tuona nelle nuvole, per la grande disgrazia degli uomini mortali ha creato le donne.” Egli infatti, per spiegare il male del mondo, afferma che, per punizione, il padre di tutti gli dèi avesse ordinato ad Efesto di creare Pandora, la prima donna, che poi fu mandata sulla terra e, a causa sua, il vaso contenente tutte le pene del mondo fu aperto.

Inoltre, nelle “Opere e giorni”, lo stesso autore greco afferma: “Chi si affida ad una femmina si affida ai ladri”. Insomma, la donna nell’immaginario greco non solo viene esclusa da qualunque attività o decisione, come conferma Senofonte con l’espressione “Viveva sotto una sorveglianza strettamente rigorosa; doveva vedere meno cose possibili, capirne il meno possibile, porre meno domande possibili”, ma viene anche profondamente disprezzata. Un altro esempio potrebbe essere Semonide che distingue la “donna cavalla”, ovvero la donna operosa, dalla “donna ape”, ovvero la donna attiva, madre di figli illustri.

Qui compare dunque l’unica attività di cui una femmina, nel mondo greco, è ritenuta degna e nella quale è costretta: gestire la casa e generare figli, preferibilmente maschi e vigorosi.

Inoltre, non dobbiamo dimenticare che, se quest’ultima mansione non avviene, la sterilità è attribuita alla donna senza alcun dubbio o esitazione. Anche il drammaturgo Euripide si delinea come un crudele misogino nell’opera “Medea“, attraverso le crude parole di Giasone “Quando il matrimonio va bene, ritenete che nulla vi manchi; se invece qualche disgrazia colpisce il vostro letto, considerate una cosa molto ostile quella che prima era la migliore e la più bella. Bisognerebbe che gli uomini generassero figli in qualche altro modo e che non esistesse la razza femminile; così per loro non ci sarebbe più alcun male”, e anche attraverso quelle di IppolitoO Zeus, perché hai messo alla luce e imposto agli uomini la donna, questo grande malanno? Se era nel tuo intento propagare il genere umano, non era necessario farlo attraverso le donne. Gli uomini avrebbero dovuto semplicemente comprare la generazione dei propri figli”.

La letteratura greca appare dunque lo specchio di una società gerarchica e rigidamente basata sul disprezzo verso il “sesso debole”.

Anche la filosofia però offre esempi di misoginia, lo stesso Pitagora ritiene che esista un “principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna”, Socrate e i suoi discepoli riconoscono alla donna una uguaglianza morale, non politica, né giuridica, né fisica. La sensualità è solo un ostacolo di cui era necessario sbarazzarsi. La donna dunque deve essere evitata. Aristotele invece osserva che nel regno animale i maschi sono più grandi e più forti e si stupisce che la donna pretenda l’emancipazione. Inoltre, secondo il suo pensiero, l’uomo è l’artigiano cui la donna fornisce il legno da lavorare, per questo è inferiore. Essa è poi più fredda dell’uomo e, siccome il calore è energia, l’uomo comanda. E ancora, se spostiamo la nostra attenzione nella Genesi, noteremo che la donna viene creata come una derivazione dell’uomo (“Questa volta è carne della mia carne e ossa delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta”).

Proseguendo con la lettura, nel libro III noteremo come Eva, la donna, spingerà Adamo a mangiare la mela e quindi a gettare l’umanità nel peccato. Anche lo stesso San Paolo nelle lettere a Timoteo scrive: “Non permetto alla donna di insegnare, né di comandare all’uomo, ma se ne stia silenziosa. Infatti, Adamo fu plasmato per primo, poi Eva; e non fu sedotto Adamo prima, ma la donna essendo stata sedotta cadde nella trasgressione.” Ed ancora, Sant’Agostino: “La donna non è fatta a immagine e somiglianza di Dio. È nell’ordine della natura che le mogli servano i loro mariti ed i figli i loro genitori, e la giustizia di ciò risiede nel principio che gli inferiori servano i superiori… È la giustizia naturale che vuole ciò”.

Nei secoli successivi poi, la misoginia prenderà un altro nome, quello di caccia alle streghe. Moltissime donne vengono bruciate sul rogo e accusate di magia nera. Emblematico è anche il caso di Giovanna d’Arco, la quale, nonostante i suoi notevoli meriti nella Guerra dei Cent’anni, viene condannata come eretica e bruciata viva, principalmente a causa del suo essere donna, donna con delle capacità, in una società in cui essa viene considerata al pari degli animali, se non peggio.

Ma oggi che significa misogina? E soprattutto, come si manifesta?

Un altro termine diffuso è, purtroppo, femminicidio. La cronaca riporta troppo spesso notizie di donne barbaramente uccise dai propri coniugi o ex compagni. Stalking, chiamate notturne, tormento e morte sono tutto quello che innumerevoli ragazze sono costrette a subire quotidianamente da parte di coloro che professano di amarle.

Una notizia che sta sconvolgendo proprio in questi giorni tutta Italia è la morte di Tiziana Gentile, avvenuta nella piccola cittadina di Orta Nova lo scorso 26 gennaio. La polizia, a seguito di forti urla provenienti dall’appartamento della donna, ha sfondato la porta e rinvenuto il corpo della vittima, il quale presentava numerose ferite da arma da taglio. Il presunto assassino è un bracciante agricolo di 46 anni. Ciò che rende ancora più drammatica questa vicenda è il fatto che Tiziana sia solo una delle tante vittime di femminicidio di Orta Nova. Il 12 ottobre 2019, infatti, la cittadina è stata protagonista di un triplice omicidio-suicidio: Ciro Curcelli, padre di famiglia, ha ucciso barbaramente sua moglie e le sue due figlie nel sonno.

Quello che viene spontaneo domandarsi è: perché?

Perché il nostro paese deve essere teatro di simili disgrazie, sempre più frequenti? Perché uomini emancipati dovrebbero uccidere donne altrettanto emancipate?

Forse perché non le ritengono emancipate, forse perché questi uomini sono a loro volta vittime di una cultura di odio che, come abbiamo visto, affonda le sue radici secoli fa. Insomma, la storia sicuramente non insegna il rispetto per le madri, per le sorelle o per le mogli, anzi, alimenta quello che ancora oggi vige in società che si fingono all’avanguardia, ovvero l’odio e il pregiudizio contro tutto il genere femminile.

Articolo a cura di Elisa Tanchi

Redazione

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