24 Aprile 2024 - 11:36
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I beni culturali: un potenziale ancora non sfruttato

Partiamo da un presupposto: l’Italia è il Paese con il maggior numero di siti culturali protetti dall’ Unesco nel Mondo. Solo I beni storico-artistici sono 47. In Spagna sono 39, in Germania 38, in Francia 37. Un patrimonio molto vasto che alimenta uno dei settori economici più importanti in Italia, sia in termini di valore aggiunto sia in termini di occupazione, ossia il turismo. Le nostre città d’arte come Roma, Firenze, Venezia, Napoli e Milano attirano ogni anno milioni di turisti. Tuttavia, negli anni passati, questa enorme ricchezza non era vista come un’opportunità da sfruttare sempre di più, bensì come una spesa pubblica che poteva essere ridotta come le altre.

I risultati di questa politica condotta negli anni precedenti ha portato l’Italia ad essere uno dei Paesi con minore spesa pubblica per la cultura in rapporto al PIL: Nel 2014 era all’ 1,4 del PIL contro una media europea del 2,1. Tuttavia in questi ultimi 3 anni si è cominciato ad invertire la rotta. Le iniziative e le riforme che sono state proposte e attuate nel suddetto periodo stanno dando i loro frutti. Alcune anche particolarmente interessanti: tra queste cito l’assegnazione, mediante bando di gara internazionale, della direzione dei principali musei italiani, oppure l’iniziativa delle domeniche gratuite nei musei, che ha portato oltre 3 milioni di persone a fruire di questa opportunità nel 2016. L’ obiettivo di tutto ciò è la valorizzazione del sistema culturale italiano attraverso una gestione più competente e una promozione indirizzata al maggior numero di persone possibile. Difatti, i dati relativi al numero di visitatori a agli introiti fanno emergere un trend positivo: Considerando l’ultimo triennio 2013-2016, le presenze sono incrementate del 15%, passando da 38,4 milioni a 44,5 milioni. Molto incoraggiante il dato relativo agli introiti derivanti da biglietti e merchandising, che hanno raggiunto i 172 milioni di euro con un incremento annuo di 18 milioni.

Nonostante i miglioramenti ottenuti, il tema degli introiti del nostro sistema storico-artistico risulta essere ancora preoccupante. Tutti i musei italiani, nel loro insieme, guadagnano meno del Louvre e di altri importanti musei europei presi singolarmente. Il deficit tra spese ed entrate è ancora molto ampio. Nel 2015, il monumento che ha registrato maggiori entrate è stato il Colosseo con 44 milioni di euro, con 6 milioni e mezzo di presenze. Ciò significa che, in media, ogni visitatore paga per biglietto e merchandising meno di 7 euro. Nello stesso anno, Il British Museum a Londra, con un numero analogo di visitatori, ha percepito 370 milioni di sterline dai biglietti e 150 milioni dal merchandising. Ciò significa che il principale museo di Londra riesce ad incassare oltre 10 volte rispetto al Parco archeologico del Colosseo. E’ un divario molto ampio, e visto che i contributi pubblici insufficienti non soddisfano le reali necessità dei diversi siti culturali, si è frenata l’innovazione e la manutenzione di questi ultimi. Nel caso del Colosseo, ad esempio, si è dovuto ricorrere ai contributi dei privati. Nello specifico è stato l’imprenditore Diego della Valle che ha sborsato 25 milioni per il restauro del monumento.

Pochi giorni fa, Il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ha annunciato di voler introdurre il biglietto di ingresso per l’entrata al Pantheon. Quest’ultimo è il monumento più visitato in Italia, con oltre 7 milioni di visitatori ogni anno. Come ha specificato lo stesso Ministro i costi di gestione sono alti e un biglietto, con un costo accessibile, dovrebbe ovviare al problema. Oltretutto le risorse aggiuntive potrebbero essere utilizzate per interventi di manutenzione straordinaria e di valorizzazione del tempio, risalente a Mario Agrippa.

Il settore della cultura in Italia costituisce oltre 80 miliardi del PIL, una cifra che può essere ancora incrementata. In un periodo in cui l’economia non cresce e la disoccupazione è alta, le risorse paesaggistiche e culturali del nostro Paese devono essere dei punti di riferimento sui quali sviluppare un sistema efficace che sia capace di autofinanziarsi e di creare un indotto sempre più esteso.

Non è più ammissibile un sistema in cui lo stato svolge meramente il ruolo di finanziatore senza alcuna politica programmata. Tutto ciò può essere fatto mantenendo la cultura ad appannaggio di tutti, pur aumentando il costo dei biglietti. Sia perché attualmente il prezzo di questi sono particolarmente bassi, sia perché non mancano le iniziative rivolte ai cittadini per avvicinarli a un patrimonio che, per vastità ed unicità, non ha concorrenza nel mondo.

 

A cura di Eugenio Baldo.

Redazione

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