19 Aprile 2024 - 11:57
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Going, going, gone…

Banksy, artista contemporaneo inglese, uno dei maggiori esponenti mondiali della street art, conosciuto per i suoi capolavori di satira tesi a denunciare gli aspetti più crudeli della società, ancora una volta ha colpito nel segno, facendo qualcosa senza precedenti.

È successo nel corso di un’asta, proprio mentre la sua opera “Girl with Balloon” (riprodotta su tela, autenticata) veniva venduta per 1,2 milioni di dollari.

Nello stesso istante in cui il martelletto batteva sul bancone, come per incanto, l’opera iniziava a scivolare fuori dalla cornice e attraverso un distruggidocumenti, uscendone tagliata a striscioline.

Potete immaginare lo stupore dei partecipanti all’asta.

La tela, attualmente intera per metà, ha in sé un messaggio molto profondo: la bambina, che a prima vista sembra aver perso sbadatamente il suo palloncino, in realtà lo sta lasciando andare, e lo guarda allontanarsi apatica, restando immobile. Il palloncino, unica nota di colore nell’opera, di un rosso profondissimo, rappresenta le speranze, i sogni, l’amore e l’innocenza, che si allontanano troppo presto da una bambina così piccola. Lo stile di Banksy nel denunciare la società è spietato e allo stesso tempo semplice e immediato, e forse anche per questo l’immagine ha riscontrato tanto successo da quando, nel 2002, è apparsa per la prima volta in un vicolo londinese.

Da allora l’artista ha più volte reinventato l’opera, servendosene per diffondere il suo modo tagliente di vedere le cose. Nel 2014 Bansky la ripropone al pubblico in occasione del terzo anniversario dall’inizio del conflitto siriano, con la scritta #WithSyria; mentre per le elezioni inglesi del 2017 avanza una proposta alquanto provocatoria: avrebbe regalato una copia della sua opera (avente, per l’occasione, il palloncino colorato come la Union Jack) a tutti quelli che, il giorno delle lezioni, gli avrebbero provato di aver votato contro i conservatori.

Ma non finisce qui.

Tra le sue numerose iniziative voglio ricordare quando, nell’ottobre 2013, Banksy dichiarò di realizzare ogni giorno, per un intero mese, un’opera per le vie di New York. Non si limitò a tappezzare di graffiti la città, ma diede sfogo ogni volta alla sua anima innovatrice. Citando solo due casi, a mio avviso i più eclatanti, il giorno 11 allestì un camion pieno di peluche di animali a dimensione naturale, che si affacciavano dalle fessure ai lati e producevano un fragore assordante, per denunciare la crudeltà dei macelli, ed il giorno 13 mise in vendita le sue opere, dal valore di migliaia di euro, in una delle numerose bancarelle di Central Park. Al di fuori delle sale d’asta ufficiali e senza pubblicità, i suoi lavori fruttarono al signore che le vedeva poco più di 400$, e ancora una volta l’artista si prese gioco di tutti coloro che sono pronti a spendere una fortuna per pezzi di carta.

La genialità di Banksy non passa inosservata, e il suo gesto di protesta più recente (sicuramente non ultimo) sembra denunciare l’attaccamento ai beni materiali, il modo in cui al giorno d’oggi si tenti di dare un valore quantificabile a tutto. Banksy dipinge cinicamente e in modo perfettamente chiaro la realtà che ci circonda, e lo fa sui muri, usando la realtà al tempo stesso come musa e come tela.

Ancora oggi vive nell’ombra, senza rivelare la sua identità, ma proprio dall’ombra, dai vicoli più bui, cerca di portare alla luce tematiche importantissime che vengono troppo spesso lasciate in secondo piano.

Poco dopo la semi-distruzione del quadro, Banksy ha rivendicato il gesto tramite Instagram, pubblicando prima la foto dell’evento e poi un video che mostrava la realizzazione del congegno. Concludo riportandovi proprio la descrizione del video postato, citazione di Pablo Picasso: “The urge to destroy is also a creative urge”.

Link al post di Instagram: https://www.instagram.com/p/BomXijJhArX/?utm_source=ig_embed

 

A cura di Francesca Cresta

francesca cresta

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