29 Marzo 2024 - 11:01
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Damien Hirst: icona degli abissi dell’arte contemporanea

“È incredibile dove si possa arrivare con un 4 in arte, un’immaginazione bacata e una sega elettrica.” (Damien Hirst)

Inconsueto ed eclettico, spietato e schietto, realista e ingegnoso, controverso e coinvolgente. Amato quanto odiato, compreso quanto incompreso. Se lo si dovesse definire, aggettivi del genere darebbero soltanto un’idea piuttosto vaga del soggetto in questione, perciò ne andrebbero inventati dei nuovi appositamente per lui. Damien Hirst è infatti uno degli artisti britannici contemporanei più celebri, ed anche uno dei più “cari” al mondo; nasce a Bristol nel 1965 ed è un esponente di spicco degli YBA (Young British Artists), i quali si caratterizzano per il carattere insolito e forte dei contenuti delle proprie esibizioni. Nonostante la sua fama sia dichiarata in tutto il mondo, il suo target di riferimento è di nicchia. Dunque per quanto forti e appariscenti siano i contenuti delle sue opere e lo stile delle sue esibizioni, pochi lo conoscono davvero: solo chi lo cerca lo trova, non sempre chi lo studia lo capisce, ma chi lo osserva può apprezzarlo (e anche odiarlo). Delineiamone un profilo mostrando alcuni degli aspetti più curiosi e rappresentativi di una personalità così eccentrica:

  1. Il tema principale della sua arte è la morte, vista attraverso la linea sottile che la separa dalla vita e rappresentata per lo più da animali morti sezionati e conservati in formaldeide (un liquido che ne rallenta il processo di putrefazione). Si è avvicinato a questo tema dopo che un amico lo ha portato in visita in un obitorio e da lì ne rimase profondamente affascinato.
  2. Le sue creazioni più celebri sono The physical impossibility of death in the mind of someone living (1991), opera costituita da uno squalo di 4 metri che Hirst ha acquistato telefonicamente da un pescatore Australiano facendoselo spedire direttamente a casa sua, poi venduta nel 2014 per 12 milioni di dollari; e For the Love of God (2007), un teschio umano in platino rivestito di circa 8000 diamanti.
  3. Utilizza la Spin Paintings, una tecnica che consiste nel dipingere un’opera su una superficie circolare in movimento, come fosse un vinile su un giradischi; e lo Spot Paintings, consistente invece in opere raffiguranti cerchi colorati messi in riga, solitamente equidistanti tra loro (Amylamine 1993).
  4. Il mare è un elemento dominante nelle sue opere, infatti lui stesso ne dichiara le ragioni in un’intervista affermando: «Il mare è un mondo a parte. È il liquido amniotico del pianeta. Un mondo dove non esiste denaro, né moneta, né scambio di merci, ma dove ancora possiamo trovare tesori. Paura, speranza, sogni, miti, leggende, eroi …è tutto in fondo al mare insieme a Ulisse, alle sirene, al mostro Leviatano. Questi oggetti in esposizione, che hanno trascorso 2000 anni nelle acque, non appartengono più alla terra, sono creature del mare».
  5. Sotto richiesta della Disney, Hirst ha realizzato un dipinto su tela raffigurante Topolino, i cui proventi sono stati destinati all’ente benefico Kids Company (Mickey 2012). Molto spesso nelle sue esibizioni sono infatti ritrovabili richiami al mondo dei cartoni, come se volesse mantenerne l’ingenuità, nonostante il carattere aspro e distaccato che solitamente contraddistingue le altre opere.
  6. Nel 2009 ha ideato una delle sue creazioni più “rumorose”; ha infatti riempito, con ali colorate di farfalle staccate da lui stesso e dai suoi aiutanti, la bicicletta di Lance Amstrong utilizzata per il Tour De France. Ovviamente tutto ciò causò le rivolte degli animalisti contro Hirst che, già odiato per il modo irrispettoso con cui è solito trattare i corpi degli animali morti denudandoli della propria dignità, non ha fatto che peggiorare le cose.

Questi sono solo alcuni degli elementi più intriganti di un’artista così complesso. La ricerca della realtà e della verità che Hirst intraprende sotto forma di arte nuda e cruda è un abisso pieno di misteri da scoprire, forse mai rivelabili. Affascinante come pochi, è ospitato a Punta della Dogana e a Palazzo Grassi a Venezia, in mostra dal 9 aprile al 3 dicembre: Treasures from the Wreck of the Unbelievable è l’esibizione che espone, con cui ha voluto riscoprire e rimodellare tutta l’arte antica con opere pop e contemporanee. Dimostra, anche in questo caso, che non ha paura di non essere capito; non lascia spiegazioni esplicite e, in linea con il suo stile, semplicemente si racconta. Lascia la mente libera di pensare e di muoversi negli spazi della sua esibizione. Un’artista di questo genere non ha possibilità di essere teorizzato, e così come l’arte in generale ognuno ripone sentimenti laddove li ritrova, in quello che suscita emozione e rievoca brividi. Perché in fondo ognuno osserva con occhi diversi e, in una così articolata personalità artistica non esiste universalismo; dunque a voi la scelta, perché come Hirst stesso ha affermato: «tutto sta in quel che volete credere!».

A cura di Elisabetta Molinara

Redazione

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